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“Bisogna cambiare tutto per non cambiare niente“, così scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne “Il Gattopardo”. Saranno l’attitudine al rinnovamento, la velocità e la capacità di investimento a determinare i nuovi ruoli competitivi del nuovo ecosistema Insurtech: come già avvenuto nell’industria dei contenuti, del banking o del retail, il proprio successo nell’Industria assicurativa nel prossimo decennio non sarà esclusivamente legata all’attuale posizione competitiva, bensì agli investimenti – economici, di brainpower, di risorse umane – fatte nel creare una nuova offerta, nuove tecnologie, nuove competenze e nuovi modelli operativi. Il cambiamento sarà repentino ed esponenziale, richiedendo una reattività analoga dalla filiera e dal sistema. Gli investimenti in Insurtech nel decennio appena iniziato saranno un pre-requisito della filiera per rimanere competitivi.

Non esistono soltanto investimenti interni per sviluppare nuove soluzioni innovative, ma anche investimenti esterni e partnership con fornitori di tecnologie e Know How o con start up agili e veloci che forniscono prospettive e soluzioni interessanti per tutto il settore assicurativo. La velocità di adozione dei nuovi modelli operativi Insurtech ed il processo di digitalizzazione non possono essere demandati solo ai singoli attori bensì richiesta al sistema Paese, all’interno del quale Compagnie, Intermediari e Fornitori operano: se il sistema non creerà il contesto favorevole a tale veloce digitalizzazione, il settore assicurativo Italiano perderà di competitività. Purtroppo, ad oggi, i segnali non sono dei migliori: serve un’accelerazione nell’adozione di modelli di offerta e servizio digitali adeguati alle nuove tendenze di consumo che passa anche attraverso un incremento degli investimenti. Il 2019 è stato un anno record per l’Insurtech con 6,8 miliardi investiti nel mondo attraverso 250 operazioni (+62% rispetto ai 2,6 miliardi rispetto al 2018) ma in Europa sono stati investiti solo 897 milioni. L’Italia, negli ultimi tre anni, ha assorbito meno del 5% del totale investito in Europa: è urgente colmare questo ritardo, che se confermato negli anni futuri, creerà anche nel settore assicurativo un Technology Gap che avrà come conseguenza un danno nel posizionamento competitivo dei nostri Champions sia a livello Europeo che a livello nazionale.

Se Guardiamo infatti a settori già digitalizzati (come i mercati Retail, Contenuti e Banking)  ci rendiamo conto dell’evidente mutamento di posizioni competitive del mercato pre e posti digitalizzazione, con la sconfitta di quegli incumbent (in termini di quote di mercato e di rilevanza) che non hanno adeguatamente investito  nella gestione dell’Innovazione.

Il Gap

Il Gap di investimenti in Inusrtech nel nostro Paese è sostanzialmente motivato da tre grandi fattori fra loro correlati che vanno adeguatamente studiati, supportati ed indirizzati nel prossimo quinquennio:

Limitati investimenti nella filiera delle Start up. Le startup Insurtech promettenti in Italia non mancano, in un paese ricco di eccellenze nelle tecnologie e nella ricerca scientifica ma quello che è carente è la struttura a supporto di queste imprese: incubatori e fondi d’investimento seed sono ancora troppo pochi, a mio avviso, così come fondi Venture con capacità d’investimento significative, in grado di andare sopra i 10 milioni di euro d’investimento per ogni investimento target. Nel 2019 gli investimenti in start Up Italiane è stato.

Scarsa leva dell’M&A da parte dei Gruppi Industriali Italiani Bancari ed Assicurativi. Il venture capital italiano è molto recente e gli investitori istituzionali (quali fondi pensione, assicurazioni) non lo considerano fra gli impieghi più interessanti dei loro capitali. D’altra parte, per provare la generazione di valore, occorre un tessuto industriale disponibile ad effettuare acquisizioni ripagando così l’investimento dei fondi: salvo casi rarissimi, le imprese italiane hanno una limitata propensione ad investire in acquisizioni di startup ad alto contenuto di innovazione. Quando lo fanno, poi, le loro offerte sono frequentemente con valori di un ordine di grandezza inferiore rispetto a quelli di imprese straniere. Anche in ambito assicurativo, la mancanza di un tessuto industriale disponibile ad investire per innovare provoca da un lato lo mancato sviluppo di opportunità nella creazione di ecosistemi Insurtech adeguati alle nuove sfide, dall’altro limita la capacità delle startup di svilupparsi sotto il profilo industriale. Nel resto del mondo, circa un terzo degli investimenti Insurtech viene proprio dai gruppi assicurativi che affiancano i venture capital.

Logiche di investimento in Innovazione e di sperimentazione da parte dei gruppi Assicurativi e bancari non sufficienti a creare adeguate competenze interne. Sotto questo aspetto, in passato il tema culturale è stato determinate, adesso è in miglioramento, ma rimane il fatto che l’Italia, fra i Paesi industrializzati è quello con minore percentuale di investimento in innovazione da parte del sistema Bancario ed Assicurativo con progettualità spesso di breve e dove il ritorno sugli investimenti non è valutato in una logica di innovazione. Trasformare di fatto i costi di scouting tecnologico e di sperimentazione Insurtech investimento sarà un prerequisito per avere successo. La maggiore partecipazione delle Compagnie nel processo darebbe ulteriore impulso alla creazione di valore per fondi e investitori istituzionali Insurtech.

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